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Packaging e neuromarketing: il caso di Acqua Sant’Anna

Packaging e neuromarketing: il caso di Acqua Sant’Anna

Un’articolata indagine di neuroscienze applicate al marketing per il brand Sant’Anna, in collaborazione con l’Università Parthenope. Una ricerca svolta in tre fasi per capire quale formato di bottiglia funziona meglio?

Prima fase: blind test

Nella prima fase della ricerca i tester hanno fatto esperienza con bottiglie senza etichetta restando all’oscuro dei brand presi in esame. Curiosamente molti tester hanno cercato fin da subito di riconoscere i brand impiegati.

Le bottiglie sono state numerate da 1 a 6, pertanto la cosa più “razionale” sarebbe stata quella di rispondere con i relativi numeri di riferimento, tuttavia i partecipanti, avendo provato a riconoscere il brand, anche attraverso delle associazioni mentali per identificare le bottiglie.

Altrettanto interessante è stato evincere che alcuni brand menzionati non erano nemmeno presenti fra le possibilità di scelta. Ciò sta a significare che l’identificazione con i brand preferiti può essere così forte da ricercarlo anche in assenza dello stesso.

Questo meccanismo è ovviamente legato a processi inconsci della nostra esperienza di acquisto: tendiamo spesso a riportare alla memoria ciò che ci riguarda più da vicino, ciò con cui abbiamo fatto più esperienza, senza razionalizzare eccessivamente la risposta, procedendo quasi in automatico. Questo meccanismo è infatti imputabile al cosiddetto bias di conferma. Secondo questa “scorciatoia di pensiero” tendiamo a prediligere certe informazioni al fine di confermare alcune nostre convinzioni, ignorando tutte le altre informazioni esistenti che quindi potrebbero non confermare la nostra ipotesi iniziale. Si tratta in sostanza di una sorta di pregiudizio che il nostro cervello adopera per semplificare i processi cognitivi: come sappiamo il nostro cervello ragiona a “risparmio energetico”, quindi tende ad evitare ogni tipo di sforzo cognitivo eccessivo per rispondere ad ogni stimolo nel più breve tempo possibile.

Questo modus operandi non ci deve allarmare, è soltanto l’esito dell’evoluzione dell’uomo e di conseguenti spinte verso l’autoconservazione. Ragionare velocemente in base anche a pochi elementi disponibili poteva e potrebbe ancora oggi salvarci la vita in particolari situazioni. Il bias della conferma, comunque, interviene non solo nella fase di raccolta delle informazioni ma anche nelle fasi successive, condizionando anche l’elaborazione delle informazioni ed il recupero delle stesse a livello della memoria. In particolare, nel caso delle bottiglie, vedendo una bottiglia di un certo formato e colore, un soggetto abituato a consumare un determinato tipo di brand tenderà con ogni probabilità a ricercare tutti i dati disponibili a conferma della propria idea, evitando l’elaborazione di tutti gli ulteriori dati che possano smentirla.

A livello di memorizzazione (anche nel caso di un brand) questo bias può essere davvero rilevante: si tende così ad immagazzinare informazioni utili alle nostre convinzioni e nel processo decisionale di acquisto si tenderà, per l’effetto, ad estrapolare dalla nostra memoria solo i dati che sono congruenti con quanto immaginato fin dall’inizio!

Alcuni soggetti hanno poi fatto riferimento direttamente al colore presumibilmente riconosciuto (un packaging ben visibile e molto distintivo risulta maggiormente memorizzabile) mentre altri hanno ammesso di non riconoscere il brand.

In questa prima fase però le bottiglie di Sant’Anna hanno registrato comunque un ottimo riconoscimento visivo e di brand. Ma andiamo avanti…

Seconda fase: simulazione a scaffale

In questa fase le bottiglie sono state tutte presentate con le proprie etichette, con brand completamente palesati, simulando degli scaffali in modo random e variabile per ogni tester. Il primo scaffale visualizzato dal campione conteneva bottiglie di vari brand, di cui 2 Sant’Anna, mentre il secondo scaffale conteneva solo bottiglie Sant’Anna di diverso formato e colore.

I risultati del primo scaffale hanno registrato maggiore memorizzazione ed interesse sulla bottiglia Sant’Anna caratterizzata dalla presenza del tappo giallo.

Certamente questo risultato dipende proprio dall’importante salienza visiva determinata dal tappo che distingue la bottiglia prescelta da tutte le altre per forma, grandezza e colore.

Ciò è successo perchè il particolare mix fra l’originale forma della bottiglia (a clessidra) con quel tipo di tappo giallo è risultato più evidente e quindi più saliente.

Appare infatti di fondamentale importanza riuscire a far subito notare un packaging su scaffale al fine delle decisioni di acquisto. Secondo studi è provato che la scelta del prodotto avviene solo fra i 4 ed i 10 secondi dalla prima fissazione dello scaffale, per di più il primo riconoscimento di marca avviene già a 5,5 metri di distanza (fonte: “Carlo Oldrini, Gli occhi del consumatore”).

Non a caso la forma a “clessidra” di 2 bottiglie Sant’Anna ha favorito il loro riconoscimento aumentando la possibilità di essere scelte in quanto maggiormente memorizzabili dai soggetti.

Infine è stata pure data la possibilità di fare esperienza fisicamente con alcune bottiglie Sant’Anna. Le risposte, ancora una volta, hanno registrato la preferenza della forma a clessidra.

Ma non è finita qui…

Terza fase: Test Iat

Il Test IAT è un’analisi della velocità di risposta: gli oggetti sono esposti per un tempo molto breve ad uno stimolo per poi effettuare una scelta. Vengono esaminate le associazioni implicite della memoria e come vengono influenzate le risposte nella scelta di particolari aggettivi (positivi e negativi) da accomunare allo stimolo visualizzato.

Un test che fornisce 2 importanti output (Recognition time e Reaction rate metric) al fine di analizzare le associazioni mentali automatiche legate ad un brand. Ne posso derivare, a seconda della velocità di risposta, associazioni più o meno forti con determinati attributi.

In particolare le bottiglie Sant’Anna numero 2 e Sant’Anna numero 1 hanno registrato un valore di associazione implicita media attributi positivi legati al concetto di comodità ed ergonomicità.

A differenza di altri brand, la bottiglia Sant’Anna numero 2 non registra nessun valore di associazione negativa. Possiamo quindi concludere che anche tramite il test IAT, così come nelle fasi precedenti, le bottiglie Sant’Anna sono considerate fra le più comode da maneggiare e le più apprezzate.

I dati del test Iat ci suggeriscono un elemento fondamentale: quando il nesso esiste può essere anche maggiormente rafforzato con la comunicazione, al fine di renderlo rilevante in fase di scelta d’acquisto!

Conclusioni

Alla luce dei dati pervenuti gli elementi rilevanti dell’analisi di questo packaging possono essere certamente 2:

• il colore del tappo

• la forma a “clessidra”

Sulla base di ciò, al fine di favorire una maggiore salienza visiva e memorizzazione del packaging, si potrebbe valutare di fare leva su questi due particolari elementi distintivi.

Si rende necessario ricordare, tuttavia, che per catturare l’attenzione non basta avere semplicemente un packaging saliente, ma occorre che lo stesso comunichi elementi che rientrino nella medesima mappa dei significati dell’utente (e non solo nella mappa di salienza).

Infatti solo se ciò che osserviamo è “significativo” potrà essere determinante nel processo decisionale ed influenzare la scelta di un packaging rispetto ad un altro.

Le ricerche di neuromarketing per queste ragioni ci aiutano non solo a comprendere le dinamiche sottostanti i processi decisionali ma anche a studiare le leve utili a migliorare la propria strategia di posizionamento e di comunicazione.

Il neuromarketing per il packaging può fare la differenza!

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